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Avere fame d’aria.

Senti di avere fame d’aria oppure è un metafora che nasconde il tuo desiderio di sentirti viva? Di respirare a pieni polmoni? Il desiderio di una vita più serena, più soddisfacente e infinitamente meno convulsa e frenetica rispetto a quella che stai vivendo?

Avere fame d’aria

Avere fame d’aria per qualcuno significa avere fame di energia e di vita.

Mi riferisco a “quella vita” che molti scambiano con le “situazioni della vita”, cioè gli eventi, i fatti, gli ostacoli, i compiti, le faccende quotidiane, i piccoli e grandi intoppi che si frappongono fra quella che tutti vorremmo: una vita senza problemi; invece, quella vita è la quotidiana vicenda umana.

Avere fame d’aria, il cui termine medico è dispnea, è una condizione disfunzionale che ha diverse cause.

Qui, invece, mi riferisco alla fame d’aria causata da stati di ansia o stress che, in molti casi, sono solo la punta dell’iceberg di una vita che scorre e che tendi a tenere sotto controllo.

È quella fame d’aria che molti provano quando hanno una routine frenetica, con troppi impegni, cose da fare: ci sono i figli da prendere da scuola e portare in palestra, mariti che reclamano tempo per loro e mogli cui serve una mano perché non ce la fanno più.

Poi c’è il secondo lavoro che serve ad arrivare a fine mese, quasi un obbligo se vuoi pagarti gli studi per una laurea che dovrebbe cambiare la vita in meglio o per aprire un’attività in proprio e lasciare il posto di lavoro dove il capo e i colleghi sono insopportabili.

Avere fame d’aria è la sensazione di non riuscire a respirare liberamente che nasce da una moltitudine di elementi che molti di noi vedono solo come esterni; penso alle mille preoccupazioni che segnano la giornata di chi soffre di ansia, stress, depressione, attacchi di panico o altri squilibri della volontà.

Mentre le cause vere sono dentro che aspettano di essere portate alla luce, come in una cerimonia d’iniziazione alla vita nella quale si deve passare del tempo al buio di una caverna, soli per imparare ad affrontare i fantasmi, le paure, quella parte di noi che vive ospitata dalla mente e che può trasformarsi in ogni momento, per metterci alla prova, insegnarci che siamo grandi abbastanza per superare il rito di iniziazione alla vita vera, quella che tutti sogniamo ma che si realizza, appunto, solo nei sogni.

La fame d’aria è un modo per raccontarsi che ho sentito spesso, quando le persone devono parlare delle loro situazioni familiari, delle preoccupazioni, dell’ansia che nasce da traumi recenti come lutti, intesi come abbandoni o perdite, o malattie improvvise che non “dovevano” avere posto nella vita quotidiana perché come ogni diagnosi imprevista, hanno sconvolto i piani per il futuro.

Allora la fame d’aria nasce anche dal desiderio di controllo che si manifesta con quell’ansia che ci accompagna dalla mattina presto, quando dobbiamo alzarci dopo poche ore di un sonno disturbato per tornare nella solita catena di montaggio che “è necessaria” perché ci permette di fare “tutto il resto”.

Quel desiderio di controllo è solo un cartello stradale, un segnale che ci indica che stiamo andando nella direzione opposta, allontanandoci da chi siamo veramente o da chi vorremmo essere, ma può nascondere altro che per tante ragioni non vogliamo portare fuori e affrontare: spesso è una delle innumerevoli paure che prendono nomi diversi o nuovi ma che sono e restano paure, antiche come il mondo.

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    Perché vogliamo controllare tutto?

    Il bisogno di controllo può derivare da tanti fattori e può manifestarsi in diversi modi a seconda dell’individuo.

    Cerco di ricordare alcune cause, forse ci ritrovi un pezzo di te:

    Paura dell’incertezza

    Alcune persone cercano di controllare ogni aspetto della loro vita e dell’ambiente circostante perché temono l’incertezza e la possibilità di eventi imprevisti che potrebbero avere un effetto destabilizzante, togliendo stabilità, equilibrio.

    Quando subiamo un trauma, come la diagnosi di una malattia che nella nostra vita non era prevista perché siamo giovani, facciamo una vita sana e, per questo, al riparo da malattie “gravi”, quel trauma pianta radici profonde dentro di noi ed ogni piccolo accenno di dolore fisico, ogni mal di testa, ogni dolore alla schiena, ogni palpitazione, fanno scattare l’allarme che suona come una condanna, scatena emozioni forti e reazioni a catena.

    È la malattia che abbiamo curato a ripresentarsi oppure qualcosa di sconosciuto che stravolge la nostra intera vita?

    Quell’operazione ci ha liberato di un ospite indesiderato che abbiamo combattuto con tutte le nostre forze oppure la disfunzione si ripresenta?

    La paura dell’ignoto si fa largo dentro di noi ed il corpo ne è pervaso richiamando la nostra attenzione con mille fastidi, le voci nella testa scatenano ansie anticipatorie, il futuro diventa improvvisamente lontano e terrificante.

    È la nostra caverna oscura dell’iniziazione, soli e terrorizzati dalla solitudine ci troviamo “costretti” ad incontrare le nostre paure, a percepirle nel corpo e nella mente, per comprendere cosa o chi le ha materializzate, per parlarci e riconoscerle e capirne il profondo significato.

    Bassa autostima

    La bassa autostima spesso ci spinge a cercare di controllare gli altri prima che noi stessi. Sentirsi importanti e potenti, capaci di condizionare chi ci sta intorno è uno degli schemi comportamentali ricorrenti in chi si guarda allo specchio e vede solo una misera rappresentazione di se.

    Vediamo l’immagine di un’altra persona che non corrisponde affatto a chi “sentiamo” di essere, tuttavia la bassa autostima ci trattiene dallo spiccare il volo, dal lasciare che la nostra vera natura si manifesti in tutta la sua bellezza, la sua gioia di vivere e di esprimersi compiutamente.

    Esperienze passate negative

    Alcune persone che hanno vissuto situazioni traumatiche o avversità in passato possono sviluppare un bisogno di controllo per evitare di sentirsi vulnerabili di nuovo. In molti ambiti sociali, dalla famiglia al luogo di lavoro all’ambiente amicale, chi si sente vulnerabile è visto come un ingranaggio arrugginito, qualcosa che non risuona con la società, un essere umano ai margini del sistema che ci vuole forti e capaci di affrontare qualsiasi ostacolo. Le donne in questo non sono maggiormente sfavorite rispetto agli uomini.

    Entrambi i generi, spesso, soffrono in silenzio quando si sentono vulnerabili poiché questa condizione mina la fondamenta della loro stessa biologia: per molti uomini essere vulnerabile è sinonimo di perdita della mascolinità e della forza virile oltre che perdita del valore assegnato dal sistema produttivo; per le donne spesso vuol dire essere incapaci di sopportare il peso dei cento ruoli che la società, sovente, impone loro.

    Ansia

    L’ansia può portare alcune persone a cercare di controllare l’ambiente circostante come meccanismo di coping. Il termine deriva dall’inglese e significa fronteggiare.

    Quando senti parlare di abilità di coping ci si riferisce alle strategie mentali e comportamentali che una persona mette in atto per gestire o fronteggiare situazioni problematiche, in genere si tratta di strategie che cercano di ridurre lo stress.

    Come avrai notato, non lo faccio di proposito, ma alla fine lo stress ritorna sempre, come un cane che si morde la coda, lo stress rientra in molte conversazioni sul tema del malessere generale che ci affligge tutti in vario modo e con diversa intensità.

    Problemi di fiducia

    Alcune persone che hanno avuto esperienze negative con altre persone in passato, come tradimenti o abbandoni, possono sviluppare un bisogno di controllo come meccanismo di autodifesa.

    Questo tentativo di controllare il futuro, ad esempio, immaginando come potrebbe evolvere una relazione interpersonale, è un classico delle relazioni sentimentali che riguarda entrambi i generi, uomini e donne.

    Cercare di difendersi da possibili abbandoni o tradimenti, può avere radici più profonde e trovare il suo fondamento nell’infanzia o nell’adolescenza.

    Controllare eventi e persone ci convince che ci stiamo mettendo al riparo da future sofferenze, mentre questo focalizzarci sul proteggere il nostro cuore, ci allontana in realtà dall’energia del cuore stesso privandoci dei nostri reali bisogni e propositi e quindi allontanandoci da noi stessi. 

    Condizionamento culturale

    Alcune culture o famiglie possono incoraggiare il controllo come un modo per mantenere l’ordine e la disciplina. È un fatto noto che molti giovani avvertano sempre più potente la pressione che nasce in ambito familiare e sviluppino durante l’adolescenza comportamenti autolesionistici o forme di autoisolamento.

    Ho già scritto su questo argomento in altri post citando il fenomeno dell’isolamento giovanile, una condizione che, anche in età adulta, può portare a sviluppare dipendenze e altri disturbi di varia natura, tra i quali quelli alimentari sono i più evidenti perché “visibili” e strettamente legati all’immagine di noi stessi in una società ossessionata dalla forma fisica.

    Nutri la tua fame d’aria

    Per concludere, il bisogno di controllo è generalmente associato ad una percezione di mancanza di sicurezza, di un vivere costantemente in uno stato di allerta, la quale, a sua volta, può nascere da una mancanza di collegamento con il cuore, con il proposito/bisogno che dovrebbe alimentare la nostra energia vitale ma che in realtà è spesso sottomesso alla ragione della “mera sopravvivenza”.

    Vivere costantemente nella testa, desiderare con tutte le forze una vita “programmata” è di per sé contro natura: un anno è fatto di stagioni dove all’estate, massima espansione, seguirà l’autunno con la sua energia di introspezione, di convoglio verso l’interno a cui seguirà l’inverno, momento di tesaurizzazione dell’energia, a cui a sua volta, seguirà la primavera, stagione del fiorire, e così via! 

    Cercare di “fermare” l’esistenza, la vita, in qualche cosa di statico e privo di dinamicità, come il controllo richiede, è totalmente contro natura.

    Questa è una delle manifestazioni più evidenti di quanto siamo scollegati dal corpo-mente, dalla nostra reale natura. 

    Non di rado, questa mancanza di connessione completa con l’organismo che ci permette di respirare e vivere emerge improvvisa; porta la consapevolezza del nostro corpo ad un livello più alto, ci costringe a riconoscere che “abitiamo” una forma umana, naturale, che respira, cammina, si nutre, riposa, lavora.

    Allora la fame d’aria ritorna prepotente a farci percepire che l’organismo che abitiamo va curato, amato, ma soprattutto percepito e consapevolizzato per riallacciare i fili di quella connessione che abbiamo perduto per motivazioni che ci sono sembrate più importanti della nostra stessa vita.

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    Gestione dello StressMindfulness per ansia e stressVincere l'ansia

    Operatore e Insegnante di Shiatsu I.R.T.E.
    Istruttore A.I.M. di protocolli mindfulness based (MBSR) per privati e aziende.

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