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Mi sento bloccato

Vorrei ma non posso, non ce la faccio più, vorrei fare mille cose ma il corpo non risponde più. Uomini e donne provano le stesse sensazioni quando corpo e mente si bloccano. Un post che può aiutarti a vedere con più chiarezza.

Illuustrazione di uomo che cerca di fuggire dal buio verso la luce - Mi sento bloccato.

La frase “mi sento bloccato” su Google totalizza migliaia di ricerche ogni mese. Non solo! Il trend di ricerca di tutto ciò che riguarda il tema “sentirsi bloccati” negli ultimi 12 mesi non ha accennato a diminuire: lo dice il grafico ufficiale di Google Trend.

Quello che fa strabuzzare gli occhi è l’enorme quantità di persone che cerca “non uscire di casa”. E non è il titolo di un libro o di una canzone.

È quello che il comico americano Ronnie Chieng richiama nel suo monologo in cui dipinge un quadro catastrofico dell’America condizionata dalla spinta consumistica, in parte influenzata da servizi come Amazon Prime:

America: terra della libertà e del non uscire mai di casa!

Il comico statunitense riassume la situazione più o meno con queste parole.

Spinti dalla possibilità di vivere sul divano e ottenere tutto ciò che desiderano, da una penna al cibo direttamente nella bocca, milioni di americani vivono incollati davanti ad uno schermo gigantesco che è diventato “l’unico mondo” esistente, nel quale tutto è possibile e tutto viene dato in tempo reale. Basta cliccare un bottone.

Il grafico di Google Trend racconta un storia analoga sugli italiani.

Cosa c’entra questo con “sentirsi bloccati” e perché decidere di non uscire di casa può essere un problema?

Non sto cercando di agitare il tema per farti leggere l’articolo fino in fondo, ma dobbiamo parlarne seriamente e fare emergere questa condizione di malessere collettivo prima che diventi un mostro da combattere con antidepressivi, ansiolitici e psicofarmaci da nascondere dentro la torta del primo compleanno! Non è una battuta.

Il sito madinamerica e quello della Royal Pharmaceutical Society inglese riportano i medesimi dati.  Il numero di bambini piccoli a cui vengono prescritti antidepressivi è aumentato del 41% dal 2015. I dati del Sistema Sanitario Nazionale britannico, rivelano anche che la maggior parte dei pazienti di età compresa tra i 5 e i 12 anni a cui sono stati prescritti antidepressivi tra il 2015 e il 2021 erano maschi.
Nel marzo 2020, il numero di pazienti di età compresa tra i 5 e i 12 anni a cui sono stati prescritti antidepressivi ha raggiunto un picco di 2.031 (792 femmine, 1.224 maschi), con un aumento del 15% rispetto al marzo 2019.

Penserai che in Italia il “disagio mentale” sia una cosa che affligge solo anziani o chi è affetto da patologie neurodegenerative come l’Alzheimer. Sbagliato!

Lo dimostrano i dati sugli hikikomori, “termine giapponese che significa “stare in disparte”, viene utilizzato per indicare chi decide di ritirarsi dalla vita sociale per lunghi periodi, alle volte anni. Rinchiusi nella propria abitazione, evitano qualunque tipo di contatto diretto con il mondo esterno, talvolta anche con i familiari.” (fonte: Fondazione Veronesi)

Riporto il paragrafo integrale dal sito della Fondazione Veronesi:

“Gli Hikikomori sono soprattutto giovani tra i 14 e i 30 anni, maschi nel 70-90% dei casi, anche se il numero delle ragazze isolate potrebbe essere sottostimato dai sondaggi effettuati finora. Le indagini ufficiali condotte finora dal governo giapponese hanno identificato oltre 1 milione di casi, con una grandissima incidenza anche nella fascia di popolazione over 40. Questo perché, nonostante i soggetti hikikomori si palesino principalmente durante l’adolescenza, la condizione tende a diventare cronica, rischiando di perdurare anche tutta la vita. In Italia, soprattutto a seguito della pandemia che ha estremizzato il problema, l’attenzione nei confronti del fenomeno sta aumentando. Nel nostro paese non ci sono ancora dati ufficiali, ma si stima ci siano circa 100.000 casi.”

Il dato italiano è confermato anche dall’Associazione Nazionale Hikikomori Italia.

È una spiegazione dell’importanza di affrontare il tema dell’isolamento, della solitudine e dei blocchi mentali che spingono molte persone a non uscire di casa, a passare troppo tempo in ambienti chiusi lasciando che il chiacchiericcio nella mente diventi insopportabile e si trasformi in una malattia.

Ma come si manifesta il blocco mentale?

Le mille facce del blocco mentale.

Potrei fare un elenco delle risposte di chi si sottopone ai trattamenti Shiatsu. Cerco di evitare la domanda trabocchetto “Cosa intendi per “mi sento bloccata?”
Perché la evito? È la domanda che scoperchia il vaso di Pandora, quindi meglio aggirare l’ostacolo.

Tuttavia, invariabilmente, le risposte sono queste:

  • non ho voglia di fare niente
  • non so più cosa voglio
  • mi sento inutile
  • sono sempre stanca, voglio solo dormire
  • mi sento prigioniera in una vita che non è la mia, quella che desideravo
  • non ho più voglia di lavorare o vivere
  • non ho voglia di mettermi in gioco
  • sono bloccata, non riesco a fare niente
  • vorrei fare tante cose ma non faccio nulla
  • mi sento dentro una ruota per criceti da cui non so come uscire
  • mi sembra di non far nulla tutto il giorno
  • mi sento bloccata emotivamente

Come vedi si parla di confusione o allontamento dagli altri, da compiti e responsabilità, dall’agire, inattività o inazione che ricorda la scelta degli hikikomori di isolarsi dal mondo.

C’è un blocco mentale, emotivo o ce ne sono tanti?

Quello che chiamiamo blocco mentale, blocco emotivo, blocco emozionale è un campanello d’allarme che si manifesta a livello corporeo in modi diversi.
Attacchi di panico, improvvisi attacchi d’ansia, sudori freddi, fitte e spasmi muscolari che proviamo in varie parti del corpo e per le cause più disparate come aver preso freddo, aver dormito male o non aver dormito affatto, posizione sbagliata sul posto di lavoro, acciacchi dell’età, ernie che si fanno sentire, dolori all’intestino dovuto a cattiva digestione o cibi particolari, colpi di calore, battito cardiaco accelerato, tachicardia, respiro affannoso, debolezza e senso di spossatezza, repentini cambi d’umore, mal di testa, vertigini e cento altri avvertimenti.

Il blocco è una condizione energetica, un messaggero, uno stato del corpo-mente che usiamo per nascondere a noi stessi qualcosa che ci fa paura, che non conosciamo bene, che non vogliamo affrontare.

In generale parliamo di blocco quando siamo giunti al bivio e dobbiamo prendere una decisione: cambiare oppure continuare a vivere in una condizione di insoddisfazione, sofferenza e angoscia costante.

Spesso, quello che ci ha fatto arrivare a questo momento in cui una scelta è inevitabile, sono giorni, settimane, mesi e anche anni di negazione di uno o più desideri profondi. E diventarne consapevoli, concettualmente consapevoli non basta.

Non è sufficiente pensare, ragionare, dire a noi stessi che ci sono cose che vanno cambiate che non ci rappresentano più, che vanno sostituite come abiti che ci stanno stretti. Non basta pensare ogni giorno a ciò che non va: diventarne coscienti è un escamotage della mente per farci dire che stiamo male e addossarne la colpa a qualcuno o qualcosa, cominciando a criticare noi stessi.

Abbiamo a disposizione tante etichette per definire una situazione di blocco ma queste, anziché aiutarci, ci confondono perché sono segnali stradali che vanno in direzioni diverse, mentre quello che ci serve è gettare la maschera, fare emergere chi siamo veramente e smettere di cercare qualcosa che esiste già dentro di noi.
Le risposte che diamo a noi stessi alla domanda “perché mi sento bloccato” sono solo definizioni, paraventi, scuse che inventiamo per non arrenderci alla realtà cosi com’è, per restare chi siamo e servirci dei presunti vantaggi che una condizione di sofferenza molte volte porta con sé.

Essere vittima e “non fare” ha i suoi vantaggi.

Al termine di un trattamento Shiatsu, Stefania, sposata da 32 anni con un marito non sempre pronto ad ascoltarla, mi ha rivelato che ogni mattina fa sempre più fatica a scendere dal letto, sente il suo corpo pesare sempre di più, deve prestare molta attenzione nel sollevarsi per il terrore di restare bloccata per via di ernie lombari che in passato l’hanno costretta a letto più volte.

Ora la sensazione di avere un corpo che non ce la fa più e che sembra preferire l’immobilità la preoccupa, ma c’è il rovescio della medaglia. Il marito ha iniziato a essere più presente, più attento alla sofferenza di Stefania e questo la fa sentire più importante, più degna di attenzione, più ascoltata: in breve, più amata.

Molti sono convinti che fare la vittima sia segno di immaturità e narcisismo. Si limitano all’aspetto più evidente, trascurando gli effetti pratici del vittimismo. Considerarsi il centro del mondo in senso negativo e bersaglio di tutte le disgrazie della vita attiva la pietà altrui.

L’atteggiamento di sconforto, autocommiserazione, spinge le persone come familiari, parenti, amici e soprattutto gli sconosciuti, a coprire di attenzioni la vittima, a coccolarla, trattarla con pietosa indulgenza e curarla come si fa con un cagnolino abbandonato.

Ogni attenzione ricevuta dalla vittima rafforza il suo ego, la sua falsa identità di martire, di perseguitata dalle avversità, dalle sfortune, dalle malattie.
In questo senso il blocco energetico funge da richiamo per le allodole. Per Stefania mostrare sofferenza, difficoltà di movimento e l’incapacità di costruire un rapporto di mutuo sostegno con il marito, si è rivelata la strategia vincente per ottenere attenzione e cura.

Come uscire da una situazione di blocco.

Ho già detto che spesso la consapevolezza non basta. Possiamo scrivere un elenco di cose che ci fanno star male, che ci bloccano, ma può restare scritto sul nostro diario e non tradursi in azione.

Se ritieni che scrivere questo elenco possa aiutarti a identificare la vera causa del tuo malessere fallo ma nel modo corretto. Scrivi “Vorrei lavorare in un ambiente più ricco di energia positiva con colleghi che collaborano” anziché “Questo lavoro non mi piace più e temo di essere licenziato”. Non è banale farlo, serve a spostare la tua attenzione verso ciò che desideri anziché verso ciò da cui vuoi fuggire.

Il blocco mentale, però, può essere la conseguenza di qualcosa che non sappiamo identificare chiaramente perché non siamo abituati a considerare un aspetto del nostro corpo-mente che presso altri popoli è “normale”: l’equilibrio psico-energetico.

Come ho già scritto “Da decenni siamo condizionati a credere che sentirsi bloccati sia qualcosa che succede dentro il cervello o alla mente. Oppure che il blocco mentale sia un problema e come tale vada risolto. Questo accade perché la società ci ha abituato a credere che i problemi siano “all’esterno”, perciò deve esserci una compressa da prendere o qualcosa che possiamo fare per guarire.”

In che modo lo Shiatsu può aiutare sui blocchi?

Lo Shiatsu è una disciplina corporea e manuale che si preoccupa di promuovere e sostenere la qualità della vita dell’individuo nel suo complesso, inteso cioè come sistema vivente in continuo divenire e in costante relazione con l’ambiente.

Agisce attraverso precise modalità di pressioni su determinate zone del corpo che nelle tradizioni orientali millenarie sono state associate a tutte le funzioni psico fisiche dell’essere umano.

L’operatore Shiatsu è chiamato a stimolare e a sviluppare le proprie capacità intuitive e valutative tradotte, grazie ai saperi, in metodiche pragmatiche fondate sull’esperienza percettiva, che ha la singolarità di accogliere e sostenere l’essere umano nella sua unicità in continua evoluzione.

Il campo di azione dello Shiatsu è rappresentato dal “flusso vitale” del ricevente (cliente) per il quale agisce come una sorta di sbloccatore, di riequilibratore.

Per “flusso vitale” si intende l’insieme di energie che permea l’essere vivente facendo sì che il corpo fisico si rigeneri continuamente. Quando, per motivi di varia natura ed entità, questo fluire armonico si altera, si blocca appunto, compaiono disagio, malessere e malattia.

Quanto più a lungo permane l’alterazione energetica, tanto più profondamente il corpo e la mente ne soffrono. La vitalità diminuisce, la lucidità mentale si appanna, compare instabilità emotiva e si manifestano sintomi fisici. Succede così che il bloccarsi di questo flusso in qualsiasi sua parte, se non corretto in tempo, trasformi progressivamente tutto il nostro essere in un qualcosa di sbilanciato e pericolante.

Il compito di un bravo shiatsuka (operatore Shiatsu) è quindi di ripristinare il corretto funzionamento del flusso vitale rimuovendo i blocchi energetici, fisici o emozionali che portano malessere o malattia.

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Operatore e Insegnante di Shiatsu I.R.T.E.
Istruttore A.I.M. di protocolli mindfulness based (MBSR) per privati e aziende.

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